venerdì 6 agosto 2021

Fast & Furious 9

Il salto dello squalo


Dom Toretto e Letty Ortiz si sono ritirati in campagna insieme al figlio di Dom. Cercano di godersi una vita tranquilla, ma non riescono a star lontani dall'azione, quindi entro breve tornano in missione per sventare l'ennesimo piano del megalomane di turno per dominare il mondo. Quella che sembra una "classica" missione si rivelerà però un viaggio nella storia di Dom e della Famiglia, che saranno costretti ad affrontare il proprio passato.

Il 20 Settembre 1977 sulle tv statunitensi andò in onda un episodio di Happy Days in cui Fonzie pratica sci nautico indossando la sua iconica giacca di pelle e cimentandosi nel salto di uno squalo tigre. Da allora, l'espressione jumping the shark viene usata per indicare il momento in cui una serie televisiva o un franchise cinematografico è andato "oltre", superando uno scoglio di verosimiglianza e facendo esclamare ai fan "così però è troppo."

La sensazione di fronte a Fast & Furious 9 è quella di essere di fronte allo squalo della serie. Qualcuno potrebbe obiettare che non si guarda Fast and Furious per la verosimiglianza, ma per i personaggi (la Famiglia) e per le scene d'azione spettacolari: ed è vero. Ma è proprio su questi due elementi, storicamente i pezzi forti della saga, che il nono capitolo mostra ampiamente la corda.

I personaggi storici sembrano stanchi, senza più nulla da dire, e le new entry sono o inutili, villain in testa, o mal costruite - in testa a tutti, il personaggio di John Cena, integrato efficacemente nella trama ma insignificante a livello emotivo e di sviluppo dei personaggi. La trama, già storicamente non il pezzo forte della casa, qui raggiunge dei momenti degni di una telenovela, con colpi di scena che persino gli sceneggiatori di Beautiful avrebbero trovato un po' sopra le righe. 

Anche l'azione latita, tra scene già viste e altre (soprattutto quella finale) che superano abbondantemente la soglia della sospensione dell'incredulità senza però raggiungere quell'epicità un po' tamarra vista in alcuni dei capitoli precedenti, talmente folle ed esagerata da mettere a tacere il cervello e ordinargli di godersi lo spettacolo senza farsi troppe domande. Justin Lin, di ritorno alla regia dopo aver saltato gli ultimi due capitoli, sembra aver poco da dire, e si abbandona ad alcune scelte poco da lui, con riprese confuse e un uso eccessivo del montaggio che anziché aumentare il ritmo lo rende solo inutilmente frenetico, rendendo impossibile godersi appieno l'azione. Detto questo, a tratti ci si diverte comunque, grazie sia allo humor e al carisma di alcuni dei personaggi secondari (Charlize Theron ed Helen Mirren su tutti), sia ad alcune sequenze invece molto riuscite, inseguimento in auto nella giungla in testa.

La sensazione è che la saga abbia nuovamente raggiunto un punto in cui deve reinventarsi completamente per non diventare insignificante o morire: un'impresa che sarebbe proibitiva per altri franchise, ma non quello che più si è saputo reinventare nel corso degli anni, passando da una storia "minore" di poliziotti infiltrati a uno spy action degno di Mission: Impossible. Occorrerà però un profondo ripensamento dei capisaldi della saga, la creazione di villain più credibili e motivati, e magari il recupero di alcuni personaggi non presenti in questo capitolo (soprattutto quello che fa capolino nella scena post titoli). Non sarà facile, ma la Famiglia di missioni impossibili ne ha già affrontate parecchie.


** 1/2

Pier

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