sabato 16 luglio 2011

Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2

Esecuzione senza interpretazione



Harry Potter è quasi giunto alla resa dei conti: Voldemort è sempre più forte, e lo scontro finale è vicino. Prima però dovrà individuare e distruggere gli ultimi Horcrux, oltre che chiarire alcuni misteri sul suo passato, quello di Silente e di Voldemort stesso.

L'ultimo capitolo della saga riparte con gli stessi toni del penultimo: atmosfere cupe, colori quasi assenti, fotografia che esalta ed esaspera i toni di grigio. La speranza non sembra essere di casa, ma è anche l'ultima a morire. Il percorso di trasformazione di Harry da apprendista a mago, da ragazzo a uomo, sta per compiersi, e i temi sono quelli delle grandi tragedie: tradimenti, intrighi, scelte sofferte, sacrifici per il bene comune.
La trama si svolge esattamente come nel libro, con una fedeltà quasi assoluta a quanto scritto dalla Rowling. Anche i punti deboli del film, concentrati in particolare in due scene del finale, derivano per intero dal testo, e non si può certo farne una colpa al regista David Yates, che confeziona un blockbuster di buona fattura, che lascia il giusto spazio all'intrattenimento e all'azione.

Quello che gli si può invece rimproverare, a lui ma soprattutto alla produzione, è la totale incapacità di osare, di staccarsi dal modello originale non nei contenuti ma nelle atmosfere, creando un Harry Potter fedele ma allo stesso tempo nuovo e vitale.
Ci era riuscito alla perfezione Cuaròn nel terzo film, Il prigioniero di Azkaban, in questo senso il migliore della saga, ma lo avevano fatto in modo efficace anche Chris Columbus, il vero inventore dell'universo visivo del maghetto, e Mike Newell, che aveva conferito al quarto capitolo un tono da commedia brillante che lo aveva arricchito di una dimensione fino a quel momento pressoché inesplorata.

Yates invece si limita ad eseguire e, pur facendolo con un'ottima tecnica, non aggiunge nulla al testo originale, rinunciando a un'operazione fondamentale per qualunque regista che si approcci a un testo letterario per farne un film. Questa mancanza di interpretazione e questa rinuncia nel trovare nuove chiavi di lettura diventano particolarmente evidenti nell'ultimo capitolo, quello del gran finale, quello in cui vengono tirate le somme di una saga che ha segnato gli ultimi dieci anni. E il risultato è piatto, scarno, monodimensionale, in cui bene e male restano sempre distinti e contrapposti, e in cui le atmosfere e le opportunità offerte dal mondo magico della Rowling non vengono esplorate ma appena sfiorate in superficie.

Il film è avvincente e soddisfa i fan, ma resta il rammarico nel pensare cosa sarebbe potuto essere di questo ultimo capitolo se si fosse affidata la materia prima della Rowling a un artista anzichè a un onesto artigiano.

***

Pier

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