mercoledì 27 maggio 2020

L'occhio del regista #5 - Quentin Tarantino

Nuova puntata della rubrica L'occhio del regista (qui le puntate precedenti) dove identifichiamo tre caratteristiche distintive dello stile di un regista. La puntata di oggi è dedicata a Quentin Tarantino.


Tarantino è probabilmente il regista più famoso degli anni Novanta-Duemila, quello che più ha segnato l'immaginario collettivo del periodo, creando un genere e uno stile di regia e scrittura che vantano innumerevoli tentativi di imitazione (con scarso successo). Da Le iene  e Pulp fiction, passando per Kill Bill, Bastardi senza gloria e Django Unchained, fino al più recente C'era una volta... a Hollywood non c'è film di Tarantino che non sia diventato un cult (con l'eccezione, forse, di A prova di morte, che però rimane un esperimento a parte nella sua filmografia).

Nonostante sia l'impersonificazione dell'autore a tutto tondo ("scritto e diretto da"), Tarantino è apprezzato dal grande pubblico più per la forza dei suoi dialoghi che per quella delle sue immagini. La sua abilità nello scrivere scene memorabili non deve però far passare in secondo piano la sua eccezionale capacità per la messa in scena, nonché la sua abilità nel crearsi uno stile visivo distintivo quanto le sue trame e le sue tematiche. Le sue immagini passano inosservate perché sono sempre al servizio della storia, mai fini a se stesse, ma sono estremamente idiosincratiche e riconoscibili: un film di Tarantino si riconosce a prima vista, nonostante l'estrema diversità delle ambientazioni.

1. Il trunk shot
Anche se Tarantino non ne è l'inventore, è sicuramente il maggior profeta dell' "inquadratura del bagagliaio": un'inquadratura dal basso, fatta dall'interno di un bagagliaio (ma in generale di un contenitore) che mette lo spettatore in una condizione di impotenza, di fragilità, in cui è completamente alla mercé dei personaggi che lo stanno osservando.

Un vero "trunk shot" da Le iene

E un "finto" trunk shot da Bastardi senza gloria
Il trunk shot è un'inquadratura dal forte potere immersivo, e Tarantino la usa con sapienza per comunicare con una sola immagine un intero sistema di gerarchie, personaggi, situazioni.


2. Crash Zoom
Lo zoom è una tecnica di ripresa spesso disprezzata, con molti registi che la ritengono quasi amatoriale, o comunque indegna di un artista con aspirazioni autoriali. Il crash zoom, ovvero uno zoom talmente rapido da risultare quasi brusco, disorientante, è considerato un parente ancora più povero.

Tarantino ignora le fisime dei presunti autori, e "mutua" questa tecnica, frequentissima nei film di arti marziali degli anni Settanta che hanno fatto parte della sua formazione, per il suo cinema: non è un caso, infatti, che compaia per la prima volta in Kill Bill e venga usata soprattutto nei film "da combattimento" come Django Unchained.



Tarantino rielabora una tecnica "spettacolarizzante" ma un po' sporca e la utilizza con finalità espressiva, al fine di aumentare il dinamismo della scena e contemporaneamente concentrare l'attenzione dello spettatore in un particolare punto dello schermo. Tarantino usa il crash zoom sia per passare da inquadrature ampie a primissimi piani (dettagli, parti del corpo, espressioni dei personaggi) o viceversa. Il risultato è un ritmo narrativo più rapido e coinvolgente, che consente allo spettatore di catturare sia il generale che il particolare senza rallentare lo scorrere della trama.

3. Costumi distintivi
Pochi registi prestano attenzione ai costumi quanto Tarantino. Tutti i suoi protagonisti indossano costumi iconici, che siano i completi neri dei protagonisti de Le iene o la tuta gialla a strisce nere della Sposa in Kill Bill, passando per gli abiti anacronistici e color pastello di Django in Django Unchained. Anche costumi all'apparenza meno peculiari, come la mazza dell'Orso in Bastardi senza gloria, la camicia hawaiana di Cliff Booth in C'era una volta... a Hollywood, il berretto di Jackie in Jackie Brown, o gli abiti western dei protagonisti di The Hateful Eight, così simili eppure così diversi, si stampano quasi istantaneamente nella memoria dello spettatore.

Le iene
Il maggiore Marquis Warren (The Hateful Eight)
Cliff Booth (C'era una volta... a Hollywood)
L'attenzione di Tarantino per i costumi è assoluta, in quanto li ritiene un elemento centrale della narrazione e dell'impianto visivo del racconto. I costumi sono un mezzo per raccontare per immagini la storia dei personaggi: i costumi parlano di loro senza che loro debbano dire alcunché. Tarantino mostra di aver imparato e interiorizzato la lezione di Hitchcock di non raccontare a parole ciò che può essere comunicato per immagini, e si serve di costumi iconici, unici, immediatamente riconoscibili per presentarci alcuni aspetti della personalità dei suoi protagonisti, nonché per approfondire il messaggio del film. I costumi sgargianti di Django sono un altro modo per urlare al mondo che lui non ha paura e non accetterà più alcun tipo di discriminazione; l'abito giallo della sposa trasmette un senso di pericolo, un desiderio di vendetta talmente forte da non sentire nemmeno il bisogno di nascondersi.

La Sposa (Kill Bill: Volume 1)
Django (Django Unchained)
Inquadrature in soggettiva dal basso, uso estremo dello zoom, costumi appariscenti, unici, e iconici: con questi strumenti Tarantino ha costruito un repertorio visivo di culto quanto le sue sceneggiature e i suoi dialoghi, regalandoci un cinema che non rinnega le sue radici pop ma sa farsi cinema d'autore, raccontando storie che hanno il coraggio di sovvertire le aspettative degli spettatori e persino la Storia. Ogni immagine gronda di amore per il cinema in tutte le sue forme, un cinema che Tarantino riveste di una funzione non solo catartica, ma addirittura (mito)poietica, in cui le immagini e il sogno possono sovvertire la realtà.

Pier

Nessun commento:

Posta un commento