martedì 22 luglio 2025

Superman

Leggere i bisogni


Superman ha fermato l'invasione unilaterale dello stato di Jarhanpur da parte della dittatura di Boravia. Tuttavia, Boravia è un alleato degli USA, e il governo, sobillato da Lex Luthor, comincia a mettere in dubbio quanto si possa fidare di Superman, costringendo Clark Kent/Kal-El a fare i conti con la sua missione e le sue decisioni.

Ci sono prodotti culturali che riescono a cogliere perfettamente lo spirito del tempo, o addirittura ad anticiparlo: è il caso di Joker, per esempio, inquietante nella sua capacità di catturare il livello di rabbia e desiderio di rivolta che ribolliva nella pancia degli USA. Altri prodotti, tuttavia, non leggono lo spirito del tempo, ma ne leggono i bisogni. Bruce Springsteen è un artista particolarmente sensibile in tal senso. Nel 1982 pubblica Nebraska, che racconta il fallimento del sogno americano e le crisi esistenziali di molti lavoratori in un momento in cui negli USA lo spirito dominante era ottimista, entusiasta: erano i primi vagiti della presidenza Reagan, e il futuro sembrava pieno di ricchezza per tutti: ma c'era già chi sapeva - sentiva - che sarebbe stato lasciato indietro, e aveva bisogno di qualcuno che raccogliesse il suo disorientamento. Allo stesso modo, nel 2002 Springsteen pubblica The Rising subito dopo gli attentati dell'11 Settembre 2001: l'umore del paese è nero, cupo, pessimista, ma Springsteen scrive un album carico di speranza e ottimismo - non ciò che il pubblico provava in quel momento, ma ciò di cui aveva bisogno.

Superman, nella sua trasposizione cinematografica, sembra un personaggio capace di catturare i bisogni nascosti della società: cupo e preconizzante sventura nel 2006, gli anni della presidenza Obama, pieno di luce oggi, quando il mondo è in fiamme per guerre, crisi economiche, disuguaglianze sempre crescenti. James Gunn non vuole seguire lo spirito dominante, ma vuole lanciare un segnale di speranza - un messaggio che dovrebbe essere banale, ma che oggi tristemente finisce per non esserlo: essere brave persone è un valore, non qualcosa da prendere in giro. Il Superman di Gunn è umano più che alieno, un immigrato alieno (illegal alien, il termine inglese, rende ancora meglio l'ambiguità della sua situazione) cresciuto con i valori di una famiglia terrestre che gli ha insegnato ad aiutare il suo prossimo, a costruire ponti anziché seminare divisione, a mettere il suo immenso potere al servizio dei più deboli. 

Banalità, appunto, temi classici dei grandi blockbuster USA anni Novanta. Eppure. Eppure oggi non sono più banalità, e Gunn lo evidenzia a ogni passaggio narrativo. L'aggressione unidirezionale di uno stato sovrano del "terzo mondo" da parte di una dittatura, un miliardario del settore tech affetto da egomania che controlla de facto il governo statunitense (indicativo che questo sia uno dei pochissimi film del genere a non far nemmeno vedere il presidente del paese), la pervasività delle fake news (una delle scene dove la metafora si fa più letterale eppure, proprio per questo, diventa tremendamente efficace): questo, togliendo i metaumani, è il nostro mondo, che ci piaccia o meno: un mondo che ha dimenticato cose che una volta avremmo considerato, appunto, banalità, e oggi vengono etichettate con l'orrido neologismo "buoniste". Oggi, essere buono non è banale: è anticonformista, è "punk".


Intorno a questo messaggio politico, semplice ma diretto (ma non lo sono tutte le "grandi" campagne elettorali?) Gunn realizza il cinecomic più strutturalmente e narrativamente simile a un fumetto visto finora al cinema: colorato, ipercinetico, sovraffollato, con continui cambi di prospettiva, nuovi personaggi, pochissimi attimi di respiro. Il risultato è un film a volte narrativamente caotico, ma incredibilmente efficace a livello di intrattenimento e messaggio emotivo: un film che parla alla pancia e al cuore prima che al cervello, ma che fa il suo mestiere con competenza e grande senso per lo spettacolo. La scelta di iniziare in medias res funziona perché ci mostra subito un Superman vulnerabile, che ha nella famiglia e in un animale i suoi riferimenti emotivi ed è ben integrato nella vita terreste: un Superman umano, molto umano, che avvicina anziché allontanare, e con cui si entra subito in relazione.

Superman non è un film perfetto: come molti fumetti è sovraccarico, ha troppe linee narrative, e a volte perde ottime occasioni per approfondire bei momenti. La regia ipercinetica di Gunn e il suo uso dell'humor visivo intrattengono, ma a volte distraggono. Ma è un film che funziona, e lo fa perché azzecca tutti i beat emotivi: il richiamo tra scena di apertura e chiusura è forse scontato, ma tremendamente efficace; il monologo di Superman è scontato nei contenuti, ma perfetto nella forma, così come il dialogo tra Clark e suo padre; e quella bandiera che si alza al cielo mentre un popolo sta per essere sterminato è una delle immagini più potenti viste al cinema negli ultimi tempi, complice anche l'atroce attualità.

Funziona, inoltre, grazie ai suoi personaggi - ben scritti, ma soprattutto ben interpretati. L'ottima caratterizzazione della sceneggiatura di Gunn rischierebbe di finire annegata in battaglie ed effetti speciali se non fosse per un cast senza grandi nomi ma perfettamente in parte. Corenwset è un Superman perfetto: buono, ostinato, ingenuo, generoso, con uno humor terra-terra che funziona grazie alla sua totale mancanza di maliza. È sia Clark Kent che Kal-El, e è impossibile non affezionarsi a lui - non tifare per lui. Rachel Brosnahan è la miglior Lois Lane mai vista su schermo, una sorpresa solo per chi non aveva ammirato la sua irresistibile vena comica in The Marvelous Mrs. Maisel. Acuta, pungente, intelligente, capace di tenere intellettualmente testa a ogni controparte: Gunn e Brosnahan hanno finalmente reso Lois Lane un personaggio a tuttotondo anziché un generico interesse amoroso. Hoult è un Lex Luthor perfetto, che non sfigura di fronte ai grandissimi attori che lo hanno interpretato in passato, e tinge la sua malvagità di una motivazione tanto meschina quanto tremendamente realistica: l'invidia, la vanagloria. Attorno a loro si muovono vari personaggi, metaumani e non, tra cui brilla il Mr Terrific interpretato con meravigliosa indifferenza da Edi Kathegi, e che spesso ruba la scena ai protagonisti.

Rubare la scena

Superman non farà la storia dei cinecomic, ma è un film tremendamente adatto ai nostri tempi. Parafrasando un suo celebre collega, non è il supereroe che ci meritiamo, ma quello di cui abbiamo bisogno in un'epoca in cui è difficile essere ottimisti e sperare in un futuro migliore. Dalla visione di Superman si esce con un sorriso stampato in volto perché i mali del nostro tempo sono stati sconfitti da un eroe che incarna tutti i valori che ci rendono umani: nella realtà spesso non va così, ma la speranza, dopo la visione, divampa. Non è poco.

****

Pier