Blake e Schofield, giovani soldati durante la Prima Guerra Mondiale, ricevono l'ordine di attraversare le linee nemiche per evitare che 1600 uomini cadano in una trappola tesa dall'esercito tedesco. Per Blake la missione ha anche una valenza personale, dato che suo fratello fa parte di quei 1600 soldati. Il loro percorso è però disseminato di insidie e pericoli.
Impossibile non rimanere abbacinati di fronte ad alcune sequenze di 1917: i virtuosismi della macchina da presa lasciano spesso con il fiato sospeso, e la magnifica fotografia di Roger Deakins offre immagini di rara potenza visiva, tra rovine che diventano cattedrali pagane erette al dio della guerra e tunnel che sembrano infiniti e destinati a sprofondare sempre più a fondo nelle viscere di una terra distrutta e attonita.
Tuttavia, il film inizia e finisce con i suoi virtuosismi e questo, vista la materia trattata, non può essere un bene: l'emozione muore quasi subito e viene sostituita da un interesse documentaristico, a tratti videoludico, in cui non ci si appassiona alla vicenda umana dei protagonisti ma ci si interessa solo a come sopravviverà all'ennesima sventura che capita loro tra capo e collo. Nel film si conta un'unica scena emozionante, e avviene talmente a ridosso del finale che anche questa finisce per avere un impatto inferiore rispetto a quanto potrebbe.
La mancanza di emozioni è senza dubbio da imputare alla scelta di girare tutto come se fosse un unico piano sequenza - anche se in realtà il film è composto da tante riprese "lunghe" che sembrano un'unica ripresa (o, meglio, due: c'è un taglio di montaggio esplicito) grazie all'uso della computer grafica. Se l'effetto funziona molto bene durante le scene di azione, finisce per rallentare incredibilmente il ritmo durante i momenti più statici, come quello sul camion, dove lo spettatore si trova quasi a implorare uno stacco di montaggio. Inoltre, e sorprende che un regista come Mendes abbia trascurato questo aspetto, l'uso del piano sequenza in spazi aperti limita l'uso di primi piani e montaggio alternato, e dunque la possibilità di concentrarsi sulle emozioni dei protagonisti. In questo senso la lezione di Birdman, altro film costruito su un finto piano sequenza, doveva essere maestra: la costruzione in interni permetteva di seguire le emozioni dei personaggi, immergendosi nel loro mondo e nei loro moti dell'animo.
Ancora più grave, soprattutto stanti le dichiarazioni del regista e la catchphrase promozionale (Time is the enemy, il tempo è il nemico) è la quasi totale mancanza di tensione: dopo i primi minuti non si è mai in ansia per la sorte dei protagonisti, destinati a sopravvivere per ragioni narrative che divengono subito evidenti e li ammantano di quella invincibilità presunta che rende impossibile stare in ansia per loro. In questo senso, il film rimane lontano anni luce dalla capacità ansiogena di Dunkirk, dove invece lo spettatore viveva le ansie dei protagonisti in tempo reale grazie anche al sapiente montaggio visivo e sonoro, che toglieva ogni punto di riferimento e restituiva l'incertezza provata dai personaggi.
Quello che rimane, dunque, è un virtuosismo tecnico fine a se stesso, e comunque nel complesso inferiore a quello esibito nel capolavoro di Nolan. Il piano sequenza, anziché essere uno strumento espressivo al servizio del film, ne diviene invece la pastoia, costringendolo su binari prefissati che possono funzionare in un videogioco, ma risultano freddi, per quanto a tratti spettacolari, all'interno di un prodotto cinematografico.
1917 risulta quindi un'occasione mancata, un prodotto con una bella confezione ma vuoto all'interno, cui mancano anima, visione, e slancio espressivo. Un vero peccato, considerando sia l'eccellenza del comparto visivo, sia la presenza di ottimi attori nei ruoli dei protagonisti e di supporto.
***
Pier
Nessun commento:
Posta un commento