domenica 2 settembre 2018

Telegrammi da Venezia 2018 - #2

Secondo telegramma da Venezia, con molti dei film più attesi del Concorso. A brillare, però, è ancora una volta il cinema classico.




The Ballad of Buster Scruggs (Concorso), voto 7.5. Il nuovo film dei fratelli Coen è un western antologico, in cui sei storie sono collegate solo dall'ambientazione, introdotte dall'inquadratura di un libro simile a quello dei film Disney di una volta, quasi a sottolineare il fatto che queste storie si muovono tra realtà e leggenda. In queste sei storie, tutte ben riuscite (soprattutto le prime tre), si ritrovano i toni e le tematiche che hanno reso celebri i due fratelli: lo humor dell'assurdo di Burn after reading, e quello più cerebrale e raffinato di Fratello dove sei? ; il cinismo e il pessimismo cosmico di Non è un paese per vecchi, e le riflessioni filosofiche di A serious man; l'amore per la musica di A proposito di Davis e dello stesso Fratello dove sei?, e quello per il thriller de L'uomo che non c'era e Fargo. Il risultato è un film corale che non è tra i loro migliori solo per la mancanza di una tematica "forte", ma si distingue comunque per la qualità di sceneggiatura e immagini.

A Star is Born (Fuori Concorso), voto 4.5. Che spreco, questo film. Gli ingredienti per il successo sembravano esserci tutti: una storia di comprovata efficacia, due star che sembravano avere un'ottima chimica sullo schermo, la voce e le canzoni di Lady Gaga. A rovinare tutto ci pensa una sceneggiatura imbarazzante, con dialoghi che sembrano tratti da una telenovela brasiliana di serie B, personaggi che compiono azioni senza senso, e un'evoluzione della trama che procede a strappi, senza dare mai la sensazione di sapere dove andare. La regia di Bradley Cooper (all'esordio dietro la macchina da presa) è scolastica ma funzionale alla storia, ma crolla di fronte all'insipienza della scrittura e alla prova poco convincente di Lady Gaga, tanto fenomenale quando canta quanto è rivedibile (e siamo generosi) quando è costretta a recitare. Le canzoni funzionano, pur non brillando per originalità, e le esibizioni canore sono decisamente l'unica parte riuscita del film, anche grazie all'ottima chimica tra i due attori protagonisti.

Peterloo (Concorso), voto 6. Un bel dramma in costume, che sembra però fuori posto nel contesto del concorso della Mostra del Cinema. Qui la recensione estesa scritta per Nonsolocinema.

Double vies (Concorso), voto 7.5. Il nuovo film di Olivier Assayas usa il tema della tecnologia e dell'avvento del digitale come pretesto per parlare delle bugie e dei sotterfugi di un gruppo di famiglie borghesi che gravita attorno al mondo dell'editoria. Scritto superbamente e con un ritmo pressoché perfetto, il film sembra a tratti piacersi un po' troppo, ma risulta comunque un'interessante ed efficace riflessione sui sentimenti nell'età odierna, e fa pensare che, in fondo, la tecnologia ha cambiato ben poco, in tal senso.

Suspiria (Concorso), voto 6.5. Premessa: non ho visto l'originale di Dario Argento. Il lancio di pomodori possiamo farlo più tardi, ok? Detto questo, l'omaggio (secondo il regista) o il remake (secondo i fan) di Guadagnino funziona bene per quasi tutto il film, sia grazie alla forza delle immagini create dal regista, sia grazie alla scelta dello sceneggiatore David Kajganich di intrecciare la storia della scuola di ballo in mano alle streghe con gli eventi della Germania anni Settanta. Il senso di colpa per i crimini del nazismo e le azioni terroristico/ideologiche della RAF si intrecciano così con la storia della protagonista Susie, vittima designata delle streghe intenzionate a usarla per i loro scopi.
Susie è interpretata da un'inespressiva Dakota Johnson, che non riesce comunque ad affossare quanto di buono c'è nel film. Guadagnino dirige tutto senza fronzoli, dimostrando ancora una volta dopo Chiamami col tuo nome di lavorare meglio quando deve gestire sceneggiature e soggetti altrui. La sua attenzione è sulla storia e sulle atmosfere, ma non per questo rinuncia a creare delle immagini di forte impatto visivo (su tutti spiccano le scene di ballo, e il primo di Susie in particolare) che donano al film una dimensione metafisica che non sconfina mai nell'horror, ma crea un'atmosfera di angoscia e sospensione del reale. Tuttavia, nel finale la sceneggiatura perde del tutto coerenza, rinunciando a scegliere tra catarsi e trionfo del Male per intraprendere una strada senza né capo né coda, e che nel suo epilogo depotenzia la forza di quanto visto fin lì. La regia, purtroppo, segue, e nel finale compie delle scelte scontate e abbastanza prevedibili (c'è sangue? Giriamo tutto con una lente rossa!), in netta contraddizione rispetto al coraggio mostrato fin lì. Peccato.

Adam und Evelyn (Settimana della Critica), voto 5.5. Due giovani che vivono in Germania dell'Est decidono di sfruttare la decisione dell'Ungheria di aprire le frontiere e trasferirsi all'Ovest, nel "mondo libero". Novelli Adamo ed Eva, i due dovranno rifarsi una vita in un mondo sconosciuto. La metafora funziona bene e non è forzata, ma non basta a sorreggere un film che dovrebbe fare della storia la sua forza, e risulta invece lento e con poco ritmo.

The Great Buster (Venezia Classici - Non fiction), voto 8.5. Peter Bogdanovich porta alla Mostra questo splendido documentario su Buster Keaton, un genio della comicità del cinema muto troppo spesso ingiustamente dimenticato. Il film racconta la carriera di Keaton in tutti i suoi aspetti, sottolineandone non solo le doti di comico ma anche quelle di regista e inventore: i suoi film infatti brillano anche per le innovazioni tecnologiche, nonché per l'abilità di Keaton di fare acrobrazie incredibili senza servirsi di stunt. Una piccola perla, assolutamente da non perdere per chi ama il cinema classico e per chi vuole iniziare a scoprirlo.

Pier e Simone

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