martedì 24 settembre 2024

Vermiglio

Piccolo mondo antico


Italia, ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. La famiglia Graziadei vive a Vermiglio, un paesino sulle Alpi dove la vita scorre lenta e la guerra sembra lontanissima, a eccezioni della mancanza dei ragazzi arruolati. Un giorno il cugino dei Graziadei torna, portato in spalla da un altro soldato, siciliano: sono fuggiti da un campo di prigionia tedesco. I Graziadei lo ospitano perché altrimenti sarebbe rimandato al fronte, e la sua permanenza, accompagnata dalla crescita dei tanti figli e figlie della famiglia, provocano una reazione a catena che scuote il quieto mondo della valle.

Ha le sue radici nel cinema di Ermanno Olmi e Giorgio Diritti l’opera seconda di Maura Delpero: un cinema bucolico, fatto di quotidianità e provincia, senza patinature, attento a raccontare la vita reale e le relazioni tra persone (non personaggi). Proprio sulle relazioni si concentra Vermiglio, che fa affezionare lo spettatore alle sue protagoniste (soprattutto) e ai suoi protagonisti tratteggiandoli nelle loro sfide giornaliere, ma soprattutto in un momento di transizione: la guerra sta per finire, e figlie e figli adolescenti si affacciano sull’età adulta, con tutti i suoi turbamenti emotivi ed esistenziali. Nel mondo sospeso di un paesino innevato sulle Alpi, il cambiamento, seppur piccolo, può diventare in breve tempo una valanga.

Vermiglio non ha un tema preciso: usando una frase fatta, si potrebbe dire che parla di vita. L’abilità di Delpero sta nel tratteggiare personaggi realistici, diversi ma accomunati dal loro desiderio di un qualcosa di “altro”, soprattutto i più giovani – un altro che la valle, giocoforza, fa fatica a offrire. Il film offre anche un ritratto sociologico della vita di provincia negli anni della guerra e immediatamente successivi. In questo senso è illuminante soprattutto il ruolo del papà dei Graziadei, il maestro del paese, severo ma giusto, e devotissimo alla sua missione di nutrire le menti e le anime delle sue alunne e dei suoi alunni, sia con le sue lezioni, sia attraverso l’ascolto di musica classica. Vediamo quindi un paese ignorante ma desideroso di imparare, dove l’istruzione è ancora uno status symbol importante anche per chi magari passerà tutta la vita nei campi. In un’epoca in cui si parla incessattemente di aberrazioni come “il sapere utile”, dove “utile” significa “che serve al lavoro”, è rinfrescante vedere come fosse diversa la filosofia soltanto settant’anni fa, dove si pensava a formare persone e cittadini prima che lavoratori.

Il film pecca di un’eccessiva lunghezza e della mancanza di momenti emotivi veramente forti, ma avvolge lo spettatore dolcemente, come una nevicata leggera, trascinandolo in un’atmosfera ovattata che rievoca un mondo che non c’è più e ci fa osservare i suoi abitanti che, apparentemente immobili, si muovono a velocità sempre crescente verso il loro futuro – un futuro nuovo, incerto, ma proprio per questo pieno di speranza.

*** 1/2

Pier

Nota: questa recensione è stata originariamente pubblicata su Nonsolocinema.

sabato 7 settembre 2024

Venezia 2024 - Il Totoleone

Anche quest'anno siamo giunti al termine della Mostra del Cinema, tra caldo tropicale, biciclette, cene ingollate tra un film e l'altro, e critici buongustai in panama bianco: una Mostra di buon livello medio, con poche vette ma ancor meno delusioni o film che facevano venir voglia di fuggire dalla sala. Anche quest'anno Alberto Barbera ha confezionato un'ottima selezione, corroborando l'entusiasmo con cui molti (compreso chi scrive) avevano accolto la sua riconferma.

È stata una Mostra in cui, come nel 2023, ci sono stati molti film biografici, da Diva Futura ad Ainda Estou Aqui, passando per la Callas di Larrain in Maria. Accanto a questi, molti film di carattere storico, come Campo di Battaglia e The Order, mentre minore è stata la presenza della politica, portata solo (e molto marginalmente) da Youth: Homecoming e The Room Next Door. La Mostra continua a guardare alla realtà, sia passata che presente, ma quest'anno è rispuntata la fantasia, che si è persino permessa di inventare intere biografie (The Brutalist). 

Qui trovate un elenco, con voti, dei film visti. Di seguito, invece, trovate i pronostici, quasi sicuramente sbagliati, per il Leone d'Oro e gli altri premi, corredati come sempre dalle mie preferenze personali.


Premio Mastroianni per il miglior attore emergente
Non ci sono tantissimi candidati papabili al premio Mastroianni quest'anno - vuoi per scarsità di ruoli rilevanti, vuoi per la natura corale della maggior parte dei film con giovani protagonisti. Il pronostico ricade su Martina Scrinzi, giovane protagonista di Vermiglio, mentre la mia scelta personale va a Benjamin Voisin, splendido coprotagonista di The Quiet Son, anche se forse è già troppo lanciato per poter ottenere questo premio.
PronosticoMartina Scrinzi, Vermiglio
Scelta personaleBenjamin Voisin, The Quiet Son

Coppa Volpi maschile
Sfida molto accesa, con tantissimi pretendenti: dal Vincent Lindon di The Quiet Son al Joaquin Phoenix canterino di Joker: Folie à Deux (dopo che con Joker non vinse a causa del regolamento della Mostra che impedisce che il Leone d'Oro prenda altri premi - regola cui pare quest'anno sia possibile ovviare in caso di unanimità in giuria); dall'Adrien Brody di The Brutalist al Nahuel Pérez Biscayart di El Jockey, passando per Daniel Craig in Queer. A Biscayart, dolente e silenzioso, va il mio pronostico, mentre su Brody, potente e fragile, va la mia scelta personale.
PronosticoNahuel Pérez Biscayart, El Jockey
Scelta personale: Adrien Brody, The Brutalist

Coppa Volpi femminile 
Sfida meno accesa di quella per la Coppa maschile, ma comunque ricca di pretendenti qualificate: Angelina Jolie offre la classica prova "da Oscar" in Maria, ma Isabelle Huppert potrebbe preferire prove meno appariscenti e più "contenute" come quelle di Tilda Swinton e Julianne Moore in The Room Next Door o di Fernanda Torres in Ainda Estou Aqui. Sulla Torres, bravissima, ricade il mio pronostico. La mia scelta personale va invece, ex aequo, alle due protagoniste del film di Almodovar, che sarebbe dimenticabile (a dispetto di ciò che dice la critica imparruccata, che non a caso sembra apprezzare un Almodovar più conservatore) se non fosse per la loro straordinaria prova.
Pronostico: Fernanda Torres, Ainda Estou Aqui
Scelta personale: Julianne Moore e Tilda Swinton, The Room Next Door

Leone d'Argento (Miglior Regia) 
Se ci fosse giustizia, The Brutalist avrebbe già il Leone d'Oro. Ma dato che il mondo è buio e freddo, e i capolavori vengono riconosciuti pienamente solo con il tempo, temo che Corbet dovrà "accontentarsi" di questo premio - un risultato comunque notevolissimo per un regista al terzo film. Su di lui ricade il mio pronostico, mentre la mia scelta personale ricade su Todd Phillips, che firma un sequel coraggioso e divisivo, creando una commissione di generi di difficile digestione ma di grande ricchezza e complessità. Piccola menzione anche per Giulia Steigerwalt, che realizza un'opera seconda di rara maturità per composizione, chiarezza tematica, e direzione degli attori: ma il film ha toni da commedia, peccato mortale presso i festival cinematografici e i già citati critici imparruccati.
Pronostico: Brady Corbet, The Brutalist
Scelta personale: Todd Phillips, Joker: Folie à Deux

Gran Premio della Giuria 
Il favorito per il secondo premio più importante sembrerebbe un beniamino dei giudici come Luca Guadagnino. E il suo Queer è indubbiamente un bel film a tutti i livelli: visivo (soprattutto), recitativo, e di scrittura (ancorché troppo lungo). Il problema è che è molto poco originale, e soprattutto è un adattamento pessimo del romanzo breve di Burroughs, e ne tradisce in pieno toni, intenzioni, e stile. Se ci fosse un minimo di attenzione per questi aspetti, il premio dovrebbe andare ad altri: ma temo non sarà così. All'opera più bizzarra, originale, meravigliosamente schizofrenica della Mostra - El Jockey di Luis Ortega - va invece la mia preferenza personale.
Pronostico: Queer
Scelta personaleEl Jockey

Leone d'Oro 
Sfida davvero accesa e incerta, con tutti i film già citati per gli altri premi che potrebbero legittimamente ambire anche al trofeo più prestigioso. Come detto, il mio preferito, nonché unico vero capolavoro della Mostra, è The Brutalist, ma temo non vincerà a favore di The Room Next Door. Un film che piace a chi scambia la verbosità per profondità, che può comunque esibire dei meriti oggettivi (tematica rilevante, attrici ottime, uso del colore splendido). Su Almodovar, dunque, ricade il mio pronostico.
Pronostico: The Room Next Door
Scelta personale: The Brutalist

È tutto anche per quest'anno. Correte in SNAI a scommettere sull'opposto dei miei pronostici, e noi ci risentiamo per l'edizione 2025.

Pier

Telegrammi da Venezia 2024 - #8

Ultimo telegramma da Venezia 2024, con l'elenco di tutti i film visti del concorso e i relativi voti. 


Quando il voto era pari, ho messo davanti il film che ho preferito. Cliccando il titolo potete leggere la recensione breve pubblicata nei Telegrammi precedenti.
  1. The Brutalist, voto 10
  2. El Jockey, voto 8.5
  3. Joker: Folie à Deux, voto 8.5
  4. Diva Futura, voto 8.
  5. Ainda Estou Aqui, voto 7.5
  6. The Quiet Son, voto 7.5
  7. The Order, voto 7.5
  8. Trois amies, voto 7
  9. Vermiglio, voto 7
  10. Maria, voto 7
  11. The Room Next Door, voto 6.5
  12. Queer, voto 6.5
  13. Love, voto 6.5
  14. Youth: Homecoming, voto 6
  15. Campo di Battaglia, voto 5.5
  16. Babygirl, voto 5.5
  17. Harvest, voto 5
Non visti: April, Stranger Eyes, Iddu, Leurs Enfants Aprés Eux.

Per i telegrammi è tutto, a più tardi per i pronostici.

Pier

venerdì 6 settembre 2024

Telegrammi da Venezia 2024 - #7

Settimo telegramma da Venezia 2024, tra rivendicazioni sindacali intrise di misticismo, geniali autoparodie, documentari su Cina e Ucraina, storie di immigrazione, e riflessioni sull'amore.


Sugar Island (Giornate degli Autori), voto 7. La rivendicazione dei diritti dei lavoratori delle piantagioni da zucchero in Repubblica Dominicana si intreccia con il misticismo locale, con un culto matriarcale che cerca di comprendere il corso degli eventi. Al centro, la vicenda di una ragazza senza documenti e identità, condannata ai margini dagli errori del passato che continuano ad avere un impatto sul presente. Non tutto funziona, ma la commistione tra tematica socio-sindacale e mistica è originale e ben costruita.

Broken Rage (Fuori Concorso), voto 8. Kitano realizza un film ferocemente dissacrante, con una prima metà che è un thriller serio e teso, e la seconda che è una spledida parodia della prima. Si ride a crepapelle, ma le risate non nascondono la sublime sensibilità di Kitano per la messa in scena: ogni inquadratura è una piccola opera d'arte.

Youth: Homecoming (Concorso), voto 6. Documentario sulla gioventù cinese e il suo rapporto con il mondo del lavoro, che soffre di un'eccessiva lunghezza e di una scarsa attenzione per chi non conosce bene la società cinese, che fatica a comprendere molti passaggi della vicenda narrata.

Love (Concorso), voto 6.5. Love è un film di buona fattura che, nonostante qualche giro a vuoto, riesce a offrire alcuni momenti di riflessione e lirismo, grazie anche a un ottimo uso della luce, che dipinge momenti, persone, situazioni, stringendoli in un caldo abbraccio che li rende fortemente, irresistibilmente umani. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.

Songs of Slow Burning Earth (Fuori Concorso), voto 6.5. Interessante documentario che racconta come è cambiata la quotidianità degli Ucraini con la guerra. Immagini interessanti, ma il taglio è forse troppo cronachistico, senza una riflessione o un punto di vista "particolare."

Little Jafna (Settimana della Critica), voto 8. Due gang rivali di origine tamil si affrontano per le strade di Parigi. Il loro paese d'origine (Sri Lanka) domina la scena nonostante la distanza geografica, regalando uno spaccato sociale degli espatriati che intrattiene e fa riflettere.

Pier e Simone

mercoledì 4 settembre 2024

Telegrammi da Venezia 2024 - #6

Sesto telegramma da Venezia 2024, tra celebri villain che si danno al musical, la storia del porno italiano, giovani adulti fissati con le morti celebri, guerre da prospettiva domestica, e folk horror in salsa calabrese.


Diva Futura (Concorso), voto 8. Giulia Steigerwalt, alla sua opera seconda, firma quello che è fin qui il film italiano migliore tra quelli in Concorso, la storia di Diva Futura, l'agenzia di casting e produzione specializzata in pornografia che lanciò, tra le altre, Cicciolina, Moana Pozzi, ed Eva Henger. Steigerwalt firma un'opera fresca, vitale, un inno alla libertà femminile ben girato sia a livello di immagini che di ritmo e direzione degli attori, con un bellissimo finale.  raccontato attraverso Al centro di tutto c'è Riccardo Schicchi, folletto pieno di idee ed energia e di una visione pura e libera del corpo femminile, interpretato magistralmente da Pietro Castellitto. Accanto a lui le sue attrici, ma anche la segretaria Debora Attanasio, coscienza e colonna portante dell'agenzia. Ottima prova corale del cast femminile, tra cui spicca Barbara Ronchi nella parte della Attanasio.

Joker: Folie à Deux (Concorso), voto 8.5. Folie à Deux riparte dal finale di Joker (le rivolte), e racconta il momento in cui una persona diventa un simbolo, un'idea, che prende vita propria e si gonfia, si deforma, diventa sempre più mostruosa. Phillips ancora una volta usa il genere - anzi, i generi - per parlare dell'oggi, della realtà, e dei pericoli del futuro: vedremo se lo staremo a sentire, o se affonderemo, cantando e ballando mentre il mondo va in fiamme. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.

Paul and Paulette Take a Bath (Settimana della Critica), voto 7.5. Due ragazzi fissati con la storia e le morti famose si incontrano per caso a Parigi. Diventano amici, amanti, qualcosa di difficilmente definibile, mentre cercano se stessi e cercano di elaborare i propri traumi. Il film è uno strano pastiche di opere molto diverse come Harold & Maude e The Dreamers: il risultato, seppur con qualche passaggio a vuoto, funziona, e ci regala una storia divertente, malinconica, vera.

Honeymoon (Biennale College), voto 6.5. Una coppia ucraina decide di non lasciare il proprio paesino, convinti che la guerra non arriverà fin lì. Ovviamente si sbagliano. La vicenda è narrata tutta all'interno dell'appartamento, restituendo un'esperienza claustrofobica della guerra che funziona ma non ottiene un particolare impatto emotivo.

Basileia (Giornate degli Autori - Fuori Concorso), voto 6.5. Dopo una partenza alla Indiana Jones, il film cambia direzione e vira verso il folk horror con note ambientaliste.. La buona idea viene parzialmente affossata dallo scarso budget, che lascia una sensazione da "vorrei ma non posso." Però avercene di film italiani così ambiziosi.

Pier e Simone

martedì 3 settembre 2024

Telegrammi da Venezia 2024 - #5

Quinto telegramma da Venezia 2024, tra figli radicalizzati, documentari geniali su iconiche band, futuri distopici, esperimenti inutili, donne tradite, e donne che risolvono tradimenti.


The Quiet Son (Concorso), voto 7.5. Il racconto della crescente disperazione di un padre che assiste, impotente, alla radicalizzazione del figlio, che aderisce a gruppi di estrema destra. Un film che, pur non brillando per originalità della costruzione, è potente, a tratti devastante dal punto di vista emotivo grazie a una sceneggiatura solida e senza fronzoli e alla prova dolente del sempre bravissimo Vincent Lindon.

Pavements (Orizzonti), voto 8.5. Documentario geniale, non convenzionale, meta-filmico e folle. Insomma, perfettamente in linea con i Pavement, la band che racconta in maniera creativa e originale - talmente originale che non riveliamo il "trucco" per lasciare allo spettatore il piacere della scoperta. Un solo indizio: quella "s" nel titolo è, in parte, rivelatoria dell'approccio caleidoscopico alla narrazione. Parla ai fan, e anche a chi volesse scoprire da zero la storia dell'iconica band.

2073 (Fuori Concorso), voto 3. Immagini di repertorio rielaborate a fini narrativi per raccontare un futuro preconizzato senza alcuna originalità né guizzo creativo.

Possibility of Paradise (Giornate degli Autori - Evento Speciale), voto 2. Esperimento visivo poco riuscito, fatto di continui fermi immagine e immagini fuori fuoco, incomprensibile senza un commento esplicativo del regista.

Mistress Dispeller (Orizzonti), voto 6. Il film racconta una professione realmente esistente nella società cinese, quella di "terminatrice" di relazioni extraconiugali. Tra documentario e finzione, il film rivela un mondo di relazioni sull'orlo della distruzione, e dell'atto di equilibrismo richiesto per ricostruirle.

Don't Cry, Butterfly (Settimana della Critica), voto 8. I tormenti di una donna tradita che si sfoga con amiche e vicine, che le danno consigli bellicosi mentre una misteriosa macchia, visibile solo alle donne, si espande sul soffitto. La dramedy a tinte horror mette a nudo delle verità nascoste, raccontando al tempo stesso una cultura patriarcale in cui le donne devono lottare per il proprio spazio anche in assenza dei mariti.

Simone 

Telegrammi da Venezia 2024 - #4

Quarto telegramma da Venezia 2024, tra eutanasia, villaggi alpini e di campagna, perdita della memoria, e grandi registi che cercano di adattare grandi scrittori, con risultati altalenanti.


The Room Next Door (Concorso), voto 6.5. Almodovar realizza un film sull'eutanasia splendidamente recitato da Swinton e Moore (anche se la scelta di far fare due personaggi alla pur ottima Swinton risulta posticcia anziché efficace) e con una fotografia pittorica. Tuttavia, la sceneggiatura è eccessivamente verbosa, con una serie di monologhi simil-teatrali che riducono la credibilità e il coinvolgimento emotivo.

Vermiglio (Concorso), voto 7. Italia, anni Quaranta. Una famiglia che vive in un paesino sulle Alpi trentine vede la sua quotidianità sconvolta dall'arrivo di un fuggiasco dalla guerra e dalla crescita delle figlie. Film di respiro, fatto di quotidianità e atmosfere, che ricorda i lavori di Giorgio Diritti nella sua indagine del rapporto uomo-natura e delle relazioni umane. Tocca le corde giuste, nonostante una lunghezza eccessiva. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.

Familiar Touch (Orizzonti), voto 8. Una donna ancora autosufficiente ma con gravi problemi di memoria si trasferisce in una clinica. Toccante e commovente, il film affronta il problema del declino cognitivo dal punto di vista del paziente, ma senza indulgere né negli orrori della malattia né in facili pietismi. La protagonista (seria candidata al premio come migliore attrice della sezione Orizzonti) vive la sua quotidianità con leggerezza e sorrisi, cercando di trovare un raggio di luce nell'ombra che le sta calando nel cervello.

Queer (Concorso), voto 6.5. Guadagnino adatta l'omonimo romanzo di Burroughs, e conferma ancora una volta la difficoltà nel portare al cinema i romanzi della beat generation. La storia è infatti di scarso interesse, perché l'innovazione non sta nel "cosa" racconta Burroughs, ma nel "come": una prosa innovativa, che scardina le convenzioni sia a livello stilistico che narrativo. Guadagnino, invece, gira in modo iper-classico, e non bastano alcune scene allucinatorie per restituire lo stile di Burroughs. In generale, è difficile immaginare un regista meno adatto ad adattare l'autore più geniale del gruppo beat: laddove Burroughs è sporco, sudicio, distrutto, Guadagnino è pulito, lucido, patinato. Bellissima la forma (soprattutto l'uso di luce, debitore anche di Storaro nel finale, e colore); ma la sostanza è davvero poca.

Harvest (Concorso), voto 5. Un villaggio vive in pace con se stesso e la natura, vivendo una vera esistenza comunitaria, fino a quando un cambio nel proprietario terriero sconvolge la quotidianità dei protagonisti. Il film sembra indeciso su che strada prendere, flirtando con il folk horror e con il dramma d'epoca senza però mai prendere una decisione. Il risultato è un film confuso, lento, e sconclusionato, che non può essere salvato da alcune scene molto riuscite e dalla buona prova del cast.

Pier e Simone

domenica 1 settembre 2024

Telegrammi da Venezia 2024 - #3

Terzo telegramma da Venezia, tra film che sembrano canzoni di Jannacci, sparizioni illustri sotto la dittatura, maestri giapponesi, una "buddy cop" comedy rovesciata, e la testimonianza di un momento raro: la nascita di un capolavoro.


La Storia del Frank e della Nina (Orizzonti Extra), voto 8. Una fiaba contemporanea che sembra uscita da una canzone di Jannacci, che racconta gli invisibili (per scelta e per la società) e il disagio di una generazione con dolce creatività, immergendoli in una Milano sconosciuta, lirica, e bellissima.

Miyazaki, Spirito della Natura (Classici Doc), voto 6. Buon documentario per chi vuole conoscere la poetica e l'opera di Miyazaki. Per chi è già esperto nell'opera del maestro giapponese c'è poco, ma i materiali d'archivio sono comunque interessanti.

The Brutalist (Concorso), voto 10. The Brutalist è un film per cui non è fuori luogo l'abusata parola "capolavoro". Corbet ha realizzato un'opera destinata a fare la storia della settima arte, un film creativo, emotivo, cerebrale, che toglie il fiato per ambizione, portata, complessità a qualunque livello - narrativo, visivo, musicale, sonoro. Qui la recensione estesa scritta per Nonsolocinema.

Wolfs (Fuori Concorso), voto 7.5. Bell'incrocio tra gangster movie e cop comedy, con Clooney e Pitt che interpretano due "Mr. Wolf" che risolvono problemi e si trovano a dover collaborare quando vengono chiamati per risolverne uno. Watts scrive e dirige un film divertito e divertente, che gioca con gli stilemi del genere senza risultare banale.

Ainda Estou Aqui (Concorso), voto 7.5. La storia vera del desaparecido Rubens Paiva, fatto sparire dalla dittatura brasiliana negli anni Settanta, vista dal punto di vista di sua moglie, che fa di tutto per scoprire cosa gli sia successo. La forza nel film sta nei minuti iniziali, in cui il regista tratteggia uno splendido ritratto di famiglia, che ci fa affezionare ai protagonisti e rende ancora più straziante il momento del rapimento, e il vuoto, l'incertezza dilaniante che ne conseguono. Un po' sfilacciato sul finale, ma offre comunque un ottimo ritratto dell'epoca.

Pier