giovedì 1 settembre 2022

Telegrammi da Venezia 2022 - #1

Come ogni anno, Film Ora è a Venezia, e vi accompagnerà per tutta la Mostra del Cinema con i suoi telegrammi, recensioni brevi dei film visti nelle varie sezioni. Una Mostra con tantissimi titoli interessanti, che promette belle sorprese e anche qualche inevitabile delusione.


Ecco i film visti nel primo giorno e mezzo di Mostra:

White Noise (Concorso), voto 7. Una premessa: chi scrive ha detestato l'omonimo romanzo di Don DeLillo da cui è tratto il nuovo film di Noah Baumbach, trovandolo pretenzioso oltre il parossismo. Tuttavia, il film merita un voto alto perché Baumbach realizza un adattamento non solo rispettoso, ma anche migliore del materiale originale, escogitando trucchi intelligenti che trasformano i dialoghi senza costrutto di DeLillo in un interessante e simbolico rumore di fondo, e dirige i due protagonisti (Adam Driver e Greta Gerwig, ambedue bravissimi) a recitare con divertimento, donando al film quell'ironia tipica di altri libri post moderni (viene in mente La scopa nel sistema di D.F. Wallace) che invece manca nel romanzo di DeLillo. Baumbach dirige tutto con sguardo lynchiano, alternando assurdo e angoscia (con momenti quasi horror) attraverso atmosfere suggestive che conferiscono al film uno spessore e un'anima emotiva del tutto mancanti nel romanzo, puramente cerebrale.

La Marcia su Roma (Giornate degli Autori), voto 6.5. Un buon documentario sul potere del cinema come strumento di propaganda, in particolare nei regimi autoritari, attraverso l'analisi del ruolo che la manipolazione delle immagini ha avuto nel racconto della marcia su Roma e nell'affermazione del regime fascista.

Tàr (Concorso), voto 5.5. La caduta in disgrazia di una grande direttrice d'orchestra, vittima di se stessa e della sua incapacità di relazionarsi con gli altri (con un'eccezione), focalizzata com'è sulla musica e suo lavoro. Un film che poteva dostoevskijanamente raccontare l'autodistruzione innescata da un'ossessione ma cerca di farsi anche commento e critica sociale, finendo per essere tutto e niente e depotenziare l'ennesima straordinaria prova di Cate Blanchett.

Bardo (Concorso), voto 8. Dopo Cuarón, anche Iñárritu si cimenta con il proprio passato, ma lo fa con un film del tutto diverso: laddove ROMA giocava la carta della nostalgia, Iñárritu realizza un film liquido, in cui realtà e sogno, memoria e desiderio scivolano l'uno nell'altro, e passato e presente sono la stessa cosa. Il film è a metà tra Sorrentino e Lynch, ed è visivamente abbacinante e narrativamente sorprendente. Bardo è intriso di realismo magico, e attraverso i ricordi dell'alter ego filmico del regista racconta anche le contraddizioni di una nazione, il Messico, dall'identità negata eppure fiera, con un popolo di migranti che non riesce mai davvero a lasciare il proprio paese. Mezzo voto in meno per la lunghezza, eccessiva anche per un film così bello.

Living (Fuori Concorso), voto 8. Remake di un film di Kurosawa, Vivere, a sua volta tratto da La morte di Ivan Il'ič, Living è sceneggiato dal premio nobel Kazuo Ishiguro: e il suo tocco malinconico e riflessivo si vede, ed eleva la già eccezionale materia originale. Come un altro piccolo, grandissimo film visto alla Mostra (Still Life), Living parla della cosa più semplice e più complessa: la banalità e l'eccezionalità della vita. Bill Nighy è splendido nella sua dolente compostezza, nel suo bruciante, nuovo desiderio di vivere nascosto sotto un'apparenza pacata e gentile. Un piccolo gioiello.

Pier

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