sabato 16 marzo 2013

Il lato positivo

L'incontro di due solitudini



Pat esce dall'ospedale psichiatrico dove è stato ricoverato otto mesi prima per aver massacrato di botte l'uomo che aveva trovato in doccia con la moglie Nikki. Determinato a riconquistarla, Pat cerca di affrontare la vita e ogni avversità con positività e ottimismo. Torna così a vivere con i genitori, ma la convivenza si rivela più complessa del previsto, tra crisi continue e un rapporto con il padre, disoccupato che si è dato alle scommesse, mai decollato fin dall'infanzia. A sconvolgere ulteriormente il delicato equilibrio di Pat arriva Tiffany, giovane vedova con una reputazione non esattamente cristallina in termini di abitudini sessuali e abuso di farmaci. Quello che sembra destinato a essere un incontro casuale diventa invece, grazie a un corso di danza, un percorso di riabilitazione alla vita sia per Pat che per Tiffany, portandoli a riconsiderare molte cose del loro passato e le loro prospettive per il futuro.

Dopo aver conquistato le platee e la critica con un film ambientato nel mondo della boxe, David O. Russell torna con una commedia dal sapore drammatico, in cui due personaggi problematici e destinati a una vita solitaria si incontrano e imparano a comprendere la vita, ma prima di tutto se stessi. La regia, nervosa e a scatti, con un largo e abbondante uso della camera a mano, sembra voler riflettere la psicologia dei protagonisti, tormentati e schiacciati da un passato che non vogliono o non riescono a scrollarsi di dosso. Proprio il rapporto con il passato è l'elemento che maggiormente distingue Pat e Tiffany: il primo vorrebbe solo che le cose tornassero com'erano, nel tentativo di ritornare a una sua personale età dell'oro che, forse, non è mai esistita; la seconda, invece, vorrebbe solo andare avanti, rimuovere la morte del marito, di cui si sente indirettamente responsabile, e tutte le azioni autodistruttive che ha compiuto successivamente, ma sembra incapace di farlo.

Il contrasto tra i due protagonisti è solo apparente, in quanto entrambi sono alla disperata ricerca di un equilibrio, di un pezzo di legno cui aggrapparsi per non naufragare nel mare delle loro esistenze. Intorno a loro gravitano due coppie di genitori solo apparentemente distanti, ma in realtà unite dal desiderio quasi soffocante di proteggere i figli dalle loro azioni, da quella vita che inesorabilmente si presenta a bussare alla loro porta presentando il conto. Laddove i genitori di Tiffany sono solo tratteggiati, quelli di Pat sono centrali per la vicenda, con una madre buona, dolce ma apprensiva, e un padre, magistralmente intepretato da un De Niro finalmente sui suoi livelli, che cerca di recuperare un rapporto mai nato con il figlio attraverso l'unica passione che hanno in comune, il baseball.

La regia di Russell, così come in The Fighter, esalta l'interpretazione degli attori, cui si deve gran parte della riuscita del film. Bradley Cooper è perfetto per misura e sentimento, e Jennifer Lawrence offre una prova eccellente nei panni di un personaggio fuori dagli schemi, con la lingua appuntita e degli occhi che quasi feriscono per intensità. Fotografia e montaggio non sono nulla di eccezionale, ma supportano la storia in modo adeguato, con una forte insistenza sui primi piani e un largo uso del piano sequenza. Una menzione meritano le musiche e la colonna sonora di Danny Elfman, davvero azzeccate e parte attiva della narrazione.

Il lato positivo è un film potente nella sua semplicità, capace di suscitare forti emozioni attraverso una trama semplice solo all'apparenza, in cui fanno continuamente capolino sentimenti, conflitti irrisolti e crisi interiori. Russell conferma la sua capacità di esaltare le capacità dei suoi attori, regalando dei personaggi che arricchiscono la storia di un'umanità difficile da trovare nel cinema contemporaneo.

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Pier

venerdì 8 marzo 2013

Spring Breakers

La corruzione del sogno americano



Quattro amiche che frequentano il college nel Midwest decidono di recarsi a Miami per festeggiare lo spring break, la pausa universitaria di primavera. Dopo aver compiuto una rapina per procurarsi il denaro necessario, le ragazze si gettano in un turbinio di sesso, alcool e droga, e finiscono in manette. A pagare la cauzione per loro ci pensa Alien, dj-gangster dai denti dorati che inizia le tre di loro che accettano di restare alle gioie della vita da malviventi e avvia con loro una relazione a base di sesso e rapine.

Il maestro del cinema indipendente statunitense, Harmony Korine, torna alla regia con un film in apparenza superficiale, fatto di eccessi, esibizione di corpi femminili e droghe. Dietro l'apparente patinatura si cela però la desolazione degli Stati Uniti d'oggi, un paese ipocrita e fintamente perbenista, in cui la morale funziona a tempo e viene totalmente abbandonata durante delle settimane di puro delirio collettivo, sul modello del saturnale latino. La società dipinta da Korine è una società superficiale, fatta di convenzioni false e segretamente detestate, che tutti vorrebbero abbandonare senza però trovare il coraggio di farlo. Nel regno dell'apparenza diventa quindi fondamentale dimostrare a se stessi di essere vivi, di essere ancora in grado di trasgredire, di provare emozioni e pulsioni, fosse anche per una sola settimana.

Tutto è in vendita, droga, corpi, e persino le anime: ciò che conta sono il potere e il denaro, tutto il resto si può comprare. Korine usa la storia di quattro ragazze in cerca di trasgressione per raccontare la rovina e la corruzione del sogno americano, dove i nuovi imprenditori sono i malviventi, i boss del crimine. Alien, lo spacciatore magistralmente interpretato da James Franco, rappresenta per gli Stati Uniti d'oggi quello che Charles Kane rappresentava negli anni '40, il self-made man che gestisce i suoi affari con spietata decisione.

Korine realizza un film psichedelico ma terribilmente realistico e attuale. Sorretto da una fotografia e da un montaggio magistrali, il film corre a duecento all'ora verso la conclusione, in un'ispirata commistione di momenti comici, commoventi, drammatici e d'azione. Nulla è lasciato al caso, e tutto, dalla sceneggiatura alla colonna sonora (perfetta), concorre a trasmettere il ritratto di un'America disperata, in cui gli ideali sono corrotti e i nuovi idoli sono fatti di fango e macerie, corrotti e corruttori di una gioventù che non ha più alcuna prospettiva. I sogni sono finiti, degradati a illusioni effimere e temporanee, che durano il tempo di una notte, la durata di una dose di cocaina.
Il momento in cui le protagoniste si uniscono a James Franco nel cantare "Everytime" (non a caso, una canzone di Britney Spears) è un capolavoro assoluto, il momento più comico e allo stesso più drammatico del film, in cui si celebra la frenesia di vivere e la fine di ogni sogno e di ogni illusione.

Korine realizza magistralmente un film all'apparenza leggero, ma in realtà profondo e complesso, un pugno allo stomaco che schiferà i moralisti ma che non potrà non far riflettere chi si interroga sulla morale e sui costumi dei nostri giorni. Da vedere.

****1/2

Pier