venerdì 20 aprile 2012

Quasi amici

Affetto senza pietismo



Philippe è un ricco tetraplegico, rimasto solo dopo la morte dell'amata moglie. Ha bisogno di assistenza anche per i movimenti più elementari, e così è costretto a cercare un infermiere a tempo pieno. Tra i candidati si presenta Dris, un giovane di colore delle banlieues appena uscito di prigione che non ha la minima intenzione di accettare il lavoro, ma vuole solo una firma per ottenere il sussidio di disoccupazione. Philippe, colpito dalla disarmante spontaneità e sincerità del ragazzo, decide di assumerlo in prova. Ne nascerà un rapporto strano che finirà però per arricchire entrambi.

La sceneggiatura di Quasi amici non rispetta nessuno dei canoni tradizionali: non c'è un vero proprio sviluppo, il punto di rottura è breve e monolaterale, è praticamente impossibile individuare gli atti in cui dovrebbe essere suddivisa la trama. Eppure la storia ti entra dentro fin da subito, e non ti abbandona mai, nemmeno per un momento, senza soffrire di cali di tensione o di ritmo. Questo conferma che non esiste una formula prefabbricata per fare un buon film, ma che servono solo buone idee, buoni artisti e buoni attori, pronti a mettersi in gioco in una storia non convenzionale per tema e scrittura.

Quasi amici è un film mai banale, che tratta un tema delicato come l'handicap in maniera delicata, mai pietistica, senza cercare la lacrima facile ma anzi spingendo sul lato comico della vicenda per far risaltare quello drammatico, in un mix sapiente di risate e momenti toccanti. Al centro della vicenda c'è un rapporto umano vero, autentico, a metà tra l'amicizia e la solidarietà, in cui due solitudini si incontrano e, a dispetto dell'apparente distanza, scoprono di essere simili, e imparano a capirsi a vicenda.
I due attori brillano per naturalezza e sponteneità, in una gara di bravura che viene vinta per poco da François Cluzet per la straordinaria capacità di lavorare solo con il viso e con gli occhi, attraverso cui riesce a comunicare un intero mondo di emozioni.
Eccellente anche la colonna sonora, costruita sulle toccanti musiche di Ludovico Einaudi ma comprendente anche pezzi di musica classica e piccole perle della cultura pop.

Quasi amici ci insegna numerose lezioni, ma in particolare dimostra come sia possibile fare un bel film anche senza un cast di star o complessi artifici registici, ma semplicemente raccontando una bella storia nel modo più sincero e onesto possibile. Non perdetelo.

****  

Pier

venerdì 13 aprile 2012

Piccole bugie tra amici

Il Grande Freddo alla francese



Un gruppo di amici di vecchia data sta per partire per la loro tradizionale vacanza al mare. Qualche giorno prima della partenza, tuttavia, uno di loro ha un grave indidente in moto. Dopo averlo visitato in ospedale, gli altri decidono di partire comunque, portando con loro in vacanza segreti, bugie e antichi rancori, oltre all'ombra del rimorso per l'amico ricoverato.

Piccole bugie tra amici ha il sapore della commedia all'italiana, quella vera, fatta di risate ma anche di malinconia e scene che lasciano l'amaro in bocca. Le avventure degli amici in vacanza hanno un tono allegro e spensierato, ma questa atmosfera è sempre instabile, gravata da una sensazione di tristezza che raramente diviene esplicita, ma aleggia comunque su tutto il film.

La sceneggiatura offre dialoghi divertenti e indovinati, e una galleria di personaggi perfettamente costruiti e complementari l'uno all'altro: ci sono il manager irascibile, l'attore donnaiolo, la "bella del gruppo", la coppia in crisi, più un insieme di ottimi personaggi di contorno. Tutti vanno a comporre il pezzo di un puzzle di sentimento e complicità, incrinata da eventi inaspettati che condizioneranno pesantemente il rapporto tra gli amici. La trama si dilunga un po' troppo, soprattutto nel finale, annacquando così quella spontaneità e quella naturalezza che ne costituivano la forza.
Regia e fotografia sono molto ben curate, e supportano un cast eccellente tra cui spiccano l'irresistibile brontolone François Cluzet e Gilles Lellouche, attore con la passione per le donne, il buon cibo e il buon vino.

Piccole bugie tra amici è un film divertente ed emozionante, che racconta la storia di un gruppo di amici con garbo, ironia e sentimento, in una sorta di rivisitazione francese del Grande Freddo che all'originale ha da invidiare solo il ritmo e, in parte, la colonna sonora.

***1/2

Pier

lunedì 9 aprile 2012

Quei film italiani che capiamo solo noi


Riposto qui un articolo di Beppe Severgnini che, a mio parere, sottolinea alla perfezione uno dei maggiori problemi del nostro cinema. Via

Sono andato a vedere "Posti in piedi in paradiso" di Carlo Verdone, con Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Micaela Ramazzotti. Film divertente, ma preoccupante. Non soltanto perché affronta una questione drammatica e attuale - ex-mariti schiacciati dal peso economico della separazione - ma perché somiglia ad altri divertenti film italiani, da "Genitori & figli" (Giovanni Veronesi) a "Buona giornata" di Carlo Vanzina (se il trailer non m' inganna): scene spassose interpretate da bravi attori.

Non sono un critico: solo uno spettatore. Mi piacciono i fratelli Coen e il nostro Sorrentino, entrambi oggetto di entusiasmanti polemiche coniugali (sono le conseguenze dell' amore). Ma ho un debole per i film divertenti e - va be' , lo confesso - per le commedie romantiche. Mi piacciono quando raccontano una storia, e nascono da un' idea ( Quattro matrimoni e un funerale o Tutti pazzi per Mary ). I film italiani di successo, da L' ultimo bacio (2001) di Gabriele Muccino in poi, sono invece affreschi. Anzi: pasti preparati con un ricettario, che impone una selezione di questi ingredienti:
Una madre di mezza età, tesa e nervosa. Un padre distratto e/o fedifrago, che guida auto lussuose (se no come si coinvolge lo sponsor?). Una o più amanti, con fondoschiena scultorei e scollature carsiche. Uno o più adolescenti problematici. Una ventenne spregiudicata e tatuata. Un ventenne muscoloso e non molto furbo. Una bella ragazza svampita, ma di buon cuore. Un personaggio dalla parlata buffa e/o pieno di tic. Una donna anziana, cinica ma generosa. Un uomo anziano, generoso ma cinico. Un omosessuale gentile. Un settentrionale rude e un meridionale tenero, o viceversa. Un siciliano. Una simpatica canaglia. Altri personaggi con problemi di salute, fisica e mentale.

Tutti, prima o poi, urlano (specialmente al cellulare). Quasi tutti, ogni poche parole, dicono «caz..!» e «vaff..!». Una trama vera non c' è: tutto nasce dell' intreccio delle vicende dei personaggi. All' inizio il pubblico in sala si diverte; poi si preoccupa; quindi si commuove; alla fine, sullo schermo, le cose si aggiustano ( happy ending all' italiana).
È vero: sono film che descrivono questo tempo sbandato (© Ivano Fossati). Ma ho la sensazione che la ripetitività non sia casuale. Forse i produttori chiedono a registi e sceneggiatori di allargare il mercato, offrendo qualcosa a tutti (ragazzi e genitori, ventenni e trentenni, maschi e femmine, destri e sinistri, moralisti e libertini). Hanno probabilmente ragione, perché alcuni di questi film sono campioni d' incassi. Ma forse ci perdiamo qualcosa.

Credo che l' Italia non produca soltanto la commedia umana urbana (spesso romana) che vediamo rappresentata costantemente. Certo: bisogna trovare qualcuno che, certe storie, le scriva. Considerando l' attuale gusto lammatico (languido+drammatico) della narrativa italiana, non sarà facile. Però, poi, non stupiamoci se al nostro cinema accade ciò che è successo alla musica italiana: facciamo cose belle, ma le capiamo solo noi.