mercoledì 29 settembre 2010

La passione

La provincia alla ribalta



Gianni Dubois e' un regista in crisi di idee. Dopo essere stato per anni una delle promesse del cinema italiano, oggi è ridotto a elemosinare un lavoro, dato che sono quindici anni che non dirige nulla. Il fato e un agente maneggione gli offrono l'occasione del riscatto su un piatto d'argento: un film con la star TV del momento. Gianni non ha però la minima idea su cosa scrivere, e decide di ritirarsi nella sua villa di campagna per trovare l'ispirazione. La sfortuna però non cessa di tormentarlo: le tubature della sua casa hanno ceduto e hanno rovinato un prezioso affresco. Per evitare una denuncia, Dubois dovrà dirigere la tradizionale rappresentazione paesana della Passione di Cristo.

Mazzacurati continua a indagare la provincia italiana e le sue regole non scritte, ma questa volta lo fa senza quell'approccio alla Twin Peaks che lo portava a scoprirne i segreti nascosti e gli scheletri nell'armadio, sconvolgendone l'ipocrita tranquillità. Con La passione sceglie i toni della commedia, raccontando l'incontro scontro di un regista fallito con una comunità rurale in cui ciascuno sembra interpretare una maschera teatrale. Così troviamo l'attore negato ma pieno di sè, la barista triste, il ladro redento, il sindaco iperattivo. L'esperimento riesce e diverte, toccando picchi di ilarità considerevoli ma miscelandoli sapientemente con sentimenti più profondi, evocati soprattutto al momento della sacra rappresentazione. Mancano però quell'introspezione e quell'approfondimento dei luoghi e delle realtà locali che davano ai suoi film precedenti quel tocco di originalità che li distinguevano e che costituivano la sua inconfondibile firma.

La sceneggiatura è sorretta da un ottimo cast, su cui spicca Giuseppe Battiston, splendido nella parte dell'ex ladro e aiuto regista. Buone anche le prove di Silvio Orlando e Kasia Smutniak, mentre risulta un po' forzato il personaggio del pur bravo Corrado Guzzanti.

La passione è un film molto divertente e piacevole, ma rappresenta comunque un passo indietro per la produzione di Mazzacurati, in quanto mancante di quello sguardo cinico e disincantato che rendeva film come Una notte italiana e La giusta distanza così particolari e interessanti.

***

domenica 26 settembre 2010

Inception - recensione 2

Oltre Freud, oltre Matrix

Lo so, ne abbiamo già una di recensione di Inception. Eppure questa volta sento che una seconda recensione sia d'obbligo, proprio perchè il mio giudizio e quello di Ale sono discordi. Perchè se c'è un film di cui si può, anzi si deve, discutere all'infinito, bè quello è proprio Inception.

E' impossibile non vedere in Inception le tracce dei precedenti film di Nolan, della sua passione per la molteplicità dei piani narrativi, del loro concatenarsi, intrecciarsi, fondersi fino a diventare una trama complessa ma chiara al tempo stesso. In Memento il meccanismo era innescato da perdite di memoria, in The Prestige dalla lettura di un diario.
Questa volta, invece, Nolan decide di cimentarsi con la materia più illogica, incontrollabile e sfuggente in assoluto: il sogno.

E per farlo racconta la storia del ladro di sogni Cobb impegnato nella difficile impresa di instillare un'idea (l'inception del titolo), moltiplicando i piani narrativi come mai aveva fatto prima, ma mantenendo un'unicità d'azione che rende lo scorrere degli eventi molto più fluido. Non abusa di flashback o espedienti "esterni", semplicemente segue il dipanarsi dei sogni fino al loro punto di origine, il punto più profondo, il punto di non ritorno. Lì troviamo Di Caprio all'inizio del film, e lì lo porterà il loro viaggio attraverso l'inconscio, un viaggio costellato di paesaggi da mozzare il fiato e di insidie nascoste.
La mente è l'arma più pericolosa, e Nolan ne sfrutta al massimo il potenziale, utilizzando le sue insidie per collegare la vicenda personale di Cobb alla missione della sua squadra.

Gli attori sono eccellenti, e ciascuno di loro contribuisce a costruire il film e a conferirgli la necessaria personalità. Gli effetti speciali sono eccezionali, ma non sono di certo il motivo per vedere il film, che ha come punto di forza una sceneggiatura solida, scattante, con il solo difetto di diventare a volte un po' troppo didascalica, un peccato veniale se si pensa alla complessità dell'architettura creata da Nolan.

Inception dimostra ancora una volta la capacità di Nolan di coniugare le esigenze dei blockbuster con l'artisticità del cinema d'autore, la potenza visiva di Matrix con la complessità delle teorie di Freud. Guardatelo, poi rifletteteci su, discutetene, parlatene. Potete odiarlo, amarlo, trovarlo sgradevole come ha fatto Ale o apprezzarlo come ho fatto io. Una sola cosa non potrete fare: rimanere indifferenti.

****1/2

Pier

Inception

"Il sogno è l'infinita ombra del Vero" (Pascoli)


Dom Cobb è un ladro. Un ladro di cui le più grandi multinazionali del mondo si avvalgono per mettere in pratica il più moderno spionaggio industriale: rubare un'idea, una convinzione, una verità dai sogni delle persone. Fin qui tutto bene.
Saito, un'industriale giapponese, lo contatta per un lavoro ben più complesso e mai provato prima: inculcare nella mente di un certo Fisher Junior, suo più grande concorrente, l'idea di frammentare l'impero del padre morente. L'impresa di Cobb, supportato da un team di 5 professionisti, si svilupperà su 3 livelli onirici (e più) e verrà complicata, da una parte, dal mondo militarizzato di Fischer (il quale è stato istruito a difendersi da persone come Cobb) e, dall'altra, dalle proiezioni di colpa di Cobb sulla morte della moglie.

Cristopher Nolan ci ha abituati a trame complicate e profonde, dove il subconscio è la parte più razionale e istintiva dell'uomo. In Memento, la trama procede su due binari magistralmente alternati con un montaggio che farebbe venire i brividi anche al regista russo Sergei Eisenstein; in Insomnia il dramma accidentale dell' omicidio di un collega, porta il protagonista Al Pacino a tormentarsi in una insonnia artica dove il sole non tramonta mai; le due versione di Batman, Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro, sono splendide rivisitazioni sempre in chiave psicologica del fumetto originale. Inception continua il filone, ma è il più debole e vi spiego il perché.

Infatti, mentre negli altri film, la rivisitazione mentale del/i protagonista/i è lineare (mancanza di memoria breve, senso di colpa, solitudine) e circoscritta in un costrutto narrativo ben definito, in Inception vengono mischiati due piani filmici: da una parte il più affascinante problema di Cobb, divorato dal senso di colpa della morte della moglie che cerca di demonizzare attraverso un palazzo di ricordi dove vive quando sogna; dall'altro, la vera trama del film, ovvero il viaggio su tre livelli nel mondo onirico di Fischer, dove sparatorie e azione fanno da padroni. Se la prima parte è Nolan, la seconda è Hollywood.

Qual è il risultato? Un film che si fa guardare per più di due ore e mezza grazie agli effetti speciali e all' originalità del viaggio nei sogni condivisi, ma che si complica esponenzialmente (e inutilmente) nel mescolare storie diverse, spesso non logicamente compatibili. La vita di Cobb e la moglie nel sogno è originale e il senso di colpa del protagonista, che si materializza nei suoi sogni come un palazzo di ricordi, è d'impatto.
Dopo la proiezioni ci si domanda (e lo dico da vero fan di Nolan) se non fosse stato meglio concentrarsi su questa dimensione, interrogandosi sulla difficoltà nel gestire un senso di colpa così divorante, e sull'importanza dell'immaginario (o proiezioni) personali all'interno di un rapporto di coppia.

Del resto l'attesa di Inception era troppo alta. Il marketing del film lo ha portato ad incassare 60 milioni di dollari il primo week end; se confrontato con i film precedenti del regista, dove la media d'incasso superava a stento i 200 mila dollari, ci accorgiamo che il sogno di Fischer, pieno di sparatorie ed effetti speciali, vale molto di più che una semplice analisi del mondo onirico.

**
Alessandro

mercoledì 22 settembre 2010

Lo sconsiglio #5 - Nessuna qualità agli eroi


Nessuna qualità agli eroi


Inspiegabilmente incensato da alcuni critici nostrani, questo polpettone non può essere descritto meglio di quanto faccia la vignetta di Stefano Disegni che riporto qui sotto.

Livello di sconsiglio:

*****

Pier

sabato 11 settembre 2010

Telegrammi da Venezia - #4


In attesa del verdetto finale, ecco l'ultimo telegramma.


La versione di Barney
, voto 8. Manca parte della vivacità del libro (niente voce narrante), ma il film è comunque godibile e si avvale di una prova eccellente di Giamatti (mia Coppa Volpi) e del cast di contorno, in cui spicca un perfetto Dustin Hoffman-Izzy Panofsky.

Essential killing, voto 7,5. Film duro e allucinato sulla fuga disperata di un talebano da un campo di prigionia statunitense. Sceneggiatura perfetta per un'ora, poi diventa un po' ripetitiva, ma resta comunque un ottimo lavoro. Grande prova d'attore di Vincent Gallo.

13 Assassins, voto 8,5. Miike, dopo l'omaggio-trash agli spaghetti western di due anni fa, torna alla mostra con un samurai-movie perfetto per tempi e atmosfere, richiamando Kurosawa ma mantenendo comunque originalità e tensione.

Silent Souls, voto 9,5. Storia delicata e toccante del funerale di una moglie che diventa il funerale di un'etnia, i Merja, legata a una vita semplice e rurale e assolutamente estranea alla modernità. Il mio personale Leone d'Oro.

La solitudine dei numeri primi, voto 4,5. Film pretenzioso e autoreferenziale (si vede il libro da cui è tratto), in cui una trama indubbiamente interessante viene rovinata da un'eccessiva ridondanza registica. Probabilmente un'occasione persa.

Pier

giovedì 9 settembre 2010

Telegrammi da Venezia - #3


The Town, voto 7. La seconda fatica da regista di Ben Affleck non è all'altezza di Gone Baby Gone, ma risulta comunque incisivo nel raccontare l'ascesa e la caduta di una gang di Boston. Un po' retorico il finale.

Balada triste de trompeta, voto 8,5. Film che si ama o si odia, racconta con gusto tarantiniano la storia di due pagliacci innamorati della stessa donna sotto il regime franchista, in una rivisitazione in salsa grottesco-pulp di Cavalleria rusticana. Da applausi il prologo.

Post Mortem, voto 8. Film duro e senza fronzoli che racconta con efficacia il regime di Pinochet attraverso la storia di un funzionario statale addetto ai verbali delle autopsie e innamorato della sua vicina di casa.

Meek's Cutoff, voto 4. Atmosfere alla Ombre rosse, con una carovana che deve attraversare il deserto evitando gli attacchi degli indiani. Peccato che il film duri almeno 30 minuti di troppo e che la trama scorra con troppa fatica, penalizzata anche dalla presenza di figure femminili poco credibili.

Pier

Telegrammi da Venezia - #2


Potiche, voto 9. Splendida commedia nera di Ozon, con un'atmosfera d'altri tempi e attori in stato di grazia, la Deneuve su tutti.

La passione, voto 7. Sostenuto da un Battiston come sempre eccellente e da una buona prova di Silvio Orlando, il film di Mazzacurati analizza il mondo del cinema e della provincia con sguardo divertito ma poco tagliente, senza la poesia che aveva caratterizzato i suoi precedenti lavori. Film comunque godibilissimo.

Into paradiso, voto 7,5. Originale commedia sugli incontri-scontri interculturali, con un ricercatore napoletano che si trova costretto a trasferirsi nel quartiere cingalese della città. Ottima prova del cast.

Promises written in water, voto 3. Pretenzioso e narcistico oltre ogni dire, il nuovo film di Vincent Gallo è un'autocelebrazione dell'autore, un film senza capo nè coda che ha come unico pregio un'eccellente fotografia.

Pier

venerdì 3 settembre 2010

Telegrammi da Venezia - #1

Se il meglio è il trash

Quest'anno anche Filmora ha il suo inviato a Venezia!

In breve vi racconterò i film visti in concorso e nelle sezioni collaterali, riservando eventuali recensioni complete ad articoli successivi.

Black Swan, voto 8. Unisce sapientemente la forza visiva dei primi film di Aronofsky (Pi greco teorema del delirio in particolare) alla solidità narrativa trovata in The Wrestler. Film che piace anche a chi non ama la danza.

Machete, voto 9. Delirante ma elettrizzante il film di Rodriguez, pulp senza prendersi sul serio che strizza l'occhio a una decina di sottogeneri, con una prova del cast semplicemente eccezionale. Nel suo genere, un piccolo capolavoro.

La pecora nera, voto 6,5. Buon film sul tema dei manicomi, ma Celestini viene dal teatro e si vede. Questo porta il film a rallentare molto spesso e genera alcune ripetizioni facilmente evitabili.

Se hai un mucchio di neve, mettilo all'ombra, voto 1. Arrogante e superflua indagine su cosa significhi cultura, in cui presunti intellettuali (si salvano in pochi, tra cui Eco), cercando di dar lezioni a contadini e braccianti, finendo per essere più ignoranti di loro.

Pier