domenica 24 maggio 2009

Choke - Soffocare

Sesso e nevrosi



Victor Mancini è un sessodipendente, nevrotico e depresso, con un rapporto ai limiti del morboso con la madre, rinchiusa in una clinica psichiatrica.

Se tutto questo non bastasse, Victor ha anche l'abitudine di cenare in costosissimi ristoranti, dove finge di soffocare con un boccone, approffittando in seguito della generosità dei suoi salvatori.


Se c'era un attore in grado di interpretare alla perfezione lo sgangherato Victor, ennesima creazione della folle mente di Chuck Palahniuk, quello era senza dubbio Sam Rockwell. Il suo sorriso beffardo attraversa tutto il film, rappresentando al megliole due facce del protagonista, perverso e quasi repellente da un lato, bisognoso di affetto a livelli commoventi dall'altro.


Victor è una sorta di Woody Allen con la libido del Portnoy di Philip Roth, oppresso dall'ombra di una madre volitiva e possessiva (una straordinaria Anjelica Huston), che arriva addirittura a vedere in lui la reincarnazione di Gesù Cristo.


L'ottima interpretazione degli attori non è sorretta da una regia altrettanto efficace, ma il film funziona ugualmente grazie a sceneggiatura ritmata e frizzante, che regala 90 minuti di puro divertimento allo spettatore.


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Pier


venerdì 22 maggio 2009

Angeli e Demoni

Da un mediocre romanzo un film insufficiente


Sono andato con tutte le migliori intenzioni a vedere il nuovo film di Ron Howard "Angeli e Demoni",  convinto che questa volta il film sarebbe stato quantomeno guardabile, visto il modo cinematografico con cui il romanzo, da cui è tratto, è stato scritto. Invece la delusione è ai massimi livelli e, ancora una volta, il regista, fin troppo sopravvalutato, non ha perso occasione per mostrare tutta la sua superficialità.

Il fatto che il film di Kubrick, Arancia Meccanica, sia stato l'unico film in grado di superare  l' omonimo romanzo scritto da Anthony Burgess, dimostra quanto difficile sia per un regista e per uno sceneggiatore adattare cinematograficamente un testo letterario. Ma nel caso di Angeli e Demoni la sceneggiatura era già praticamente scritta, e, in modo davvero incredibile, Ron Howard è stato capace di cambiare le poche cose belle che c'erano del romanzo di Dan Brown:

  1. Viene eliminato il personaggio del capo del CERN, figura assolutamente rilevante sia ai fini dello sviluppo narrativo che della "morale".
  2. Olivetti, capo della guardia Svizzera, viene ridotto ad un personaggio secondario, senza personalità ne dimensione psicologica, mentre Richter lo sotituisce come scettico delle teorie di Langdon.
  3. Il regista glissa completamente sulle storie dei personaggi. Vittoria Vetra non viene raccontata minimamente e il regista le disegna un personaggio più simile ad una valletta televisiva che ad una scienziata; per non parlare del Camerlengo Carlo Ventresca (a cui gli viene cambiato il nome per giustificare Ewan McGregor), dipinto non come religioso fanatico, protettore della chiesa e della fede, ma come un semplicissimo giovane ambizioso.
Con queste e molte altre modifiche, Howard è riuscito a rendere ancora più assurda la storia inventata da Dan Brown e la vuotezza di tutti i personaggi, compresa quella di Langdon e dell'assassino,  infastidisce molto lo spettatore. 

A tutto questo si somma la completa incapacità dello sceneggiatore di strutturare un testo narrativo sensato: quando viene ucciso il padre di Vittoria dentro il suo ufficio, l'occhio strappato è all'interno dello studio con il cadavere. Ora, come è entrato l'assassino, visto che la porta era apribile solo con lo scanner della retina se il cadavere era all'interno? Cos'è, lo ha ucciso fuori, gli ha strappato l'occhio e lo ha trascinato dentro l'ufficio? E ancora, l'elicottero preso sul finale dal Camerlengo che cosa ci faceva in piazza del Vaticano? Il film dice per portare via i cardinali più anziani, ma un elicottero civile non ha una capienza di 5/6 persone massimo? Gli altri 34 dove si sarebbero dovuti mettere sulle pale dell'elica o aggrappati alla base? Per non parlare della morte dell'assassino dentro la macchina... ma chi ce l'ha messa quella bomba? Lui stesso? 

Mi chiedo davvero come Ron Howard possa solo presentarsi a Hollywood per un altro film.

*1/2

Alessandro

giovedì 14 maggio 2009

Star Trek

Quando Spock incontra Lost




Devo ammettere che la mia curiosità per il nuovo film di Star Trek era dettata esclusivamente dal nome del regista, JJ Abrams, ideatore di Lost e Alias, con già all'attivo un film di fantascienza molto particolare, Cloverfield.

La serie TV non mi aveva mai fatto impazzire, eppure mi sono trovato a seguire con grande attenzione le avventure del (non ancora) capitano Kirk e del suo (non ancora) grande amico Spock. Il film racconta infatti le origini del leggendario equipaggio della Enterprise e la loro prima missione.

E così, tra effetti speciali mozzafiato e paradossi spaziotemporali (ai lostiani fischieranno le orecchie), il film scorre piacevole e appassionante, grazie anche a una sceneggiatura fatta di continui colpi di scena e dialoghi ben costruiti.

Tutti bravi gli attori, in particolare i due giovani protagonisti, che riescono a dare nuovo spessore a personaggi ormai vecchi più di quarant'anni.
Il film accontenta tutti, fan storici e appassionati dell'ultima ora, e questo è già un grande merito: a questo, aggiunge un'inconsueta capacità di rinnovare personaggi che, dopo tanti anni di militanza sul piccolo e sul grande schermo, sembravano non aver più nulla da dire.

***1/2

Pier

lunedì 11 maggio 2009

Il Che - L'argentino e Guerilla

Il ritratto del Che Guerriero




I due episodi del film su Ernesto Guevara di Steven Soderbergh sono incentrati principalmente sulla figura combattiva del dottore che incontra nel 1955 il già rivoluzionario Fidel Castro. 

Il primo episodio è uno spaccato della rivoluzione cubana del 1956 incentrato sulle tecniche di guerilla, diventate poi un libro del Che, e sulle strategie militari adottate dai rivoluzionari. Che Guevara viene dipinto come un specie di santone, dai principi marxisti solidi e morali, un guerrierio, non un politico come Fidel Castro. Questa sua indole viene evidenziata durante il film alternando scene di guerilla cubana a scene presso il palazzo dell'Onu dove Guevara proteggeva a spada tratta la causa di Cuba in qualità di ministro dell'industria. La contrapposizione è netta, e la sua natura rivelata; l'agiatezza durante il combattimento e il disprezzo durante la diplomazia porteranno il dottor Guevara a insinuare la rivoluzione anche in Bolivia, raccontata nel secondo film, ma dove invece troverà la morte, fucilato dall'esercito nazionale nel 1967.

Il film è molto militare e poco ideologico. Un monumento alla guerilla iniziata e definita con la rivoluzione cubana, indipendentemente dalle base ideologiche e marxiste. "Vittoria o morte", "un soldato che sa per cosa combatte è più forte di un esercito", questi sono i principi che si sentono dal Che, un uomo che ha dato la vita per una causa che, giusta o sbagliata, condivisibile o assolutamente insensata, era nobile da poter dar senso alla sua e a centinaia di altre vite.

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Alessandro

mercoledì 6 maggio 2009

State of Play

E' la stampa, bellezza!



Tratto da una miniserie prodotta dalla BBC, State of Play analizza, più di trent'anni dopo Tutti gli uomini del presidente, i rapporti tra giornalismo e politica. E lo fa calando il confronto nella realtà di oggi, dove i giornali su internet stanno lentamente superando quelli tradizionali.

Il protagonista, Cal McAffey, è il classico giornalista vecchio stampo: trasandato e sempre in ritardo nelle consegne, ma allo stesso tempo reporter di livello, con contatti disseminati un po' ovunque. Penne e taccuino sempre a portata di mano, e grande passione per il proprio lavoro. Il clichè funziona grazie all'ottima interpretazione di Russell Crowe, convincente ed ispirato.

Il suo alter-ego è Della Frye, giovane blogger precisa e determinata, ma mancante della capacità di analisi e di indagine del collega.

Le loro strade si incrociano quando iniziano a indagare sulla vita privata di un amico di Cal, il politico Stephen Collins. Inizia così un'incessante caccia alla verità, che porterà a scoperte sorprendenti e a rivelazioni scottanti. La verità vale il sacrificio di un'amicizia?


Il film scorre piacevolmente, con ritmi elevati e personaggi azzeccati. La regia è ottima, così come la fotografia, che con un continuo alternarsi tra atmosfere crepuscolari e illuminate restituisce il continuo ondeggiare dei giornalisti tra menzogna e verità.


Alla fine il giornalismo tradizionale vince, come è giusto che sia. E sinceramente, spero proprio che vada così, in modo che qualcuno possa ancora pronunciare le parole rese immortali da Bogart: "E' la stampa, bellezza!"


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Pier