martedì 2 agosto 2022

L'occhio del regista #6 - Denis Villeneuve

Nuova puntata della rubrica L'occhio del regista (qui le puntate precedenti) dove identifichiamo tre caratteristiche distintive dello stile di un regista. La puntata di oggi è dedicata a Denis Villeneuve.


Denis Villeneuve è emerso relativamente tardi: ha girato il suo primo film, August 22nd on Earth, quando aveva già 31 anni; e ha riscosso il suo primo successo internazionale con Incendies quando ne aveva già 43. Per avere un termine di paragone, guardiamo a suoi due coetanei: Wes Anderson ha fatto il suo primo film a 27 anni, e ha avuto il suo primo successo a 32; Christopher Nolan a 28 e 30 anni. Da quando è uscito dal Canada, tuttavia (con Prisoners ed Enemy nel 2013), Villeneuve si è imposto come uno dei più grandi registi contemporanei, soprattutto all'interno del genere fantascientifico. Arrival ha stupito talmente in positivo che gli sono stati affidati due film che avrebbero fatto tremare le ginocchia a chiunque: il sequel di Blade Runner, e l'adattamento impossibile per eccellenza, Dune

I critici di Villeneuve gli rimproverano un'eccessiva freddezza, un approccio alla Asimov alla materia fantascientifica. Questo è indubbiamente vero, ma fa parte della sua poetica: una poetica fatta di grandi forze primigenie, Bene e Male che si combattono, si conoscono, si comprendono, fino a non essere, in alcuni casi, più distinguibili.

Questa visione del mondo si riflette in quello che è il tratto più distintivo del cinema di Villeneuve: il suo sguardo, il suo modo di raccontare eventi piccoli e grandi soffondendoli di un sottotesto visivo che, spesso, si fa più forte del racconto e delle parole e diventa il vero significante del film. 

1. Silhouette 
Villeneuve ama fare un uso della luce che non esiterei a definire caravaggesco con un fortissimo contrasto tra luci e ombre. Rimanendo al cinema, Villeneuve sembra riprendere la lezione dell'espressionismo tedesco, dove la luce veniva utilizzata non solo a fine estetici, ma anche per restituire lo stato interiore dei personaggi.

In particolare, Villeneuve sfrutta luci e ombre per ritrarre i suoi personaggi in silhouette: questo suo "marchio di fabbrica" è visibile fin dai suoi primi film, come Prisoners ed Enemy, dove viene utilizzato per "inquadrare il protagonista in un momento particolarmente cupo.

Prisoners

Enemy
Nei film successivi, Villeneuve comincia a utilizzare le inquadrature in silhouette con maggiore ambizione, utilizzandoli anche per scene corali o addirittura d'azione.

Sicario

Arrival

Dune - Parte 1

2. Personaggi solitari
I protagonisti di Villeneuve sono spesso "soli contro il mondo": anche chi li accompagna nel loro viaggio è spesso incapace di comprendere fino in fondo il loro tormento, il loro rovello. Sono spalle solo fino a un certo punto, perché nei momenti capitali sono loro, e solo loro, a dover prendere una decisione.

Villeneuve rende visivamente questa solitudine attraverso inquadrature a campo largo che danno rilievo ai personaggi (a volte ponendoli al centro dell'inquadratura, come in Arrival e Blade Runner 2049; a volte mettendoli in primissimo piano, come in Incendies) ma allo stesso tempo li immergono in un mondo soverchiante e incombente, troppo grande, troppo complesso perché loro possano controllarlo.

Arrival

Blade Runner 2049

Incendies

3. Riprese aeree
Villeneuve è un costruttore di mondi. Questo è vero non solo dei suoi film di fantascienza, ma anche di quelli di altro genere, dove spesso ci cala in realtà poco conosciute o alternative. In questo senso, Villeneuve fa sua e rielabora la lezione di Spielberg e del suo piano sequenza immersivo, sostituendolo con un uso frequente delle panoramiche aeree. Uno sguardo d'insieme, quasi divino, che svolge una duplice funzione: diegeticamente, mette i protagonisti di fronte al loro "nuovo mondo", catturando l'immensità di ciò con cui dovranno confrontarsi; extra diegeticamente, mostra al pubblico il mondo di cui stiamo per entrare, facendoli "immergere" nella nuova realtà.

Enemy

Arrival

Dune

Uso della silhouette e dei giochi di ombre, protagonisti solitari, inquadrature aeree: Villeneuve gira ogni suo film con un occhio epico, che cattura la complessità della natura, umana e non, immergendo lo spettatore in mondi visivamente abbacinanti e moralmente ambigui, in cui la luce si spegne in fretta e l'essere umano rimane solo di fronte ai suoi demoni. Il suo è un cinema epico, fatto di dilemmi morali e scontro tra nòmos ed èthos, con degli eco da tragedia greca dove però non c'è nessun deus ex machina, e l'uomo è chiamato a salvare se stesso e gli altri - non sempre riuscendoci.

Pier

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