venerdì 26 novembre 2021

È stata la mano di Dio

Madeleine napoletana


Fabio è un giovane napoletano all'ultimo anno di liceo. I suoi genitori, Saverio e Maria, sono una coppia particolare ma piena d'amore per i propri figli; la sua famiglia è ancora più peculiare, ma unita, allegra, viva. La città e la vita di Fabio vengono scossi da una notizia: il Napoli ha comprato Diego Armando Maradona. Andare allo stadio diventa un rito collettivo, che unisce Fabio alla famiglia e a tutta la comunità.

Che bella sorpresa questo film di Sorrentino: un racconto personale, autentico, che si spoglia di ogni orpello visivo per mettere in scena la vita, in tutte le sue sfaccettature - divertente, drammatica, nostalgica, grottesca. In superficie, È stata la mano di Dio può sembrare un racconto di formazione, ma è tanto, tanto altro: è un film di ricordi, sensazioni, emozioni, in cui Sorrentino si focalizza sul cuore della storia, mettendo a nudo se stesso e la sua storia personale in un percorso di autocatarsi che colpisce dritto al cuore.

È stata la mano di Dio è un film caldo, emozionale, per nulla cerebrale, illuminato dalla luce splendente del ricordo; è un film pervaso da una bellezza, da una nostalgia così struggenti da far male, da una gioia che fa da potente contraltare al dolore, da un senso devastante di perdita che è radicato nella ricchezza affettiva che lo precede. Si ride, tanto, e si piange, tanto; e lo si fa con i personaggi, che diventano ben presto come membri della famiglia, e ci portano a spasso in un ricordo che è sì del giovane protagonista (alter ego del regista) ma si fa esperienza collettiva. Sullo sfondo, infatti, c'è l'arrivo in città di Maradona, la divinità che si fa carne nei vicoli di Napoli, un calciatore che diventa un rituale religioso comunitario: un rituale che unisce, emoziona, guarisce, salva persino vite. 

Tutto, ovviamente, è visto attraverso il filtro del ricordo. E, come un ricordo, il film procede a tratti in modo lineare, a tratti per associazioni, con quadri che si succedono per somiglianza e rilevanza nella memoria, non necessariamente in sequenza temporale. Non mancano i tocchi di surrealismo sorrentiniano, ma sono sempre funzionali alla storia, a raccontare il singolare punto di vista dei personaggi, le loro sofferenze nascoste, i loro modi unici e speciali di volersi bene.

La regia di Sorrentino è misurata, discreta, e proprio per questo, forse, raramente così efficace, così poco ridotta alla sola bellezza delle immagini e stupefacente per capacità di amalgamare suggestioni interpretative, narrative, e sensoriali. La fotografia è  splendida, come e più del solito, proprio grazie alla sua semplicità. La musica è quasi del tutto assente, e comunque sempre diegetica, con la vera colonna sonora data dai suoni della strada, dalle voci della città, dai silenzi della perdita. 

La recitazione è naturale, misurata, senza eccessi, grazie anche a un cast in stato di grazia, che dà vita a un caleidoscopio di personaggi degni dei capolavori di Eduardo de Filippo, un meraviglioso affresco umano, una tribù sgangherata ma unita, coesa. Se Filippo Scotti ha sulle spalle il peso del film, e lo regge da veterano, a brillare sono soprattutto Teresa Saponangelo, vera mattatrice della coppia dei genitori, e Luisa Ranieri, sensuale e dolente, perfetta incarnazione della vera coprotagonista, la città di Napoli, mostrata in tutta la sua realtà.

Il film cala leggermente di tono nella seconda parte, dove sembra perdersi tra molti potenziali finali. Ma, forse, questo susseguirsi di finali-non-finali non è altro che la vivida rappresentazione filmica della difficoltà del distacco, di allontanarsi dal dolore per cominciare qualcosa di nuovo - un distacco fatto di tentativi, false partenze, ricadute, fino a quando, a un certo punto, siamo costretti a uscire dal nostro guscio, ad affrontare la realtà, a urlare quel dolore che ci siamo tenuti dentro.

È stata la mano di Dio è un gioiello di emozioni, una madeleine individuale e collettiva, con cui Sorrentino fa i conti con il suo passato ma anche con quello della sua città, realizzando un film umano, divertente, commovente: un film che racconta la vita.

**** 1/2

Pier

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